Il monolito e il male dell’ignoranza
Un obelisco nero a San Ferdinando di Puglia - Fotomontaggio di Matteo Della Torre.
Qualche giorno fa ho pubblicato un fotomontaggio per “menti raffinate”. Il risultato? Solo tre persone hanno afferrato quasi tutto il senso. Il monolito che compare nell’immagine rimanda alla storia di San Ferdinando di Puglia e al tema del male dell’ignoranza.
Il peggior male possibile non sempre è la cattiveria, ma molto spesso è l’ignoranza. Una forza pervasiva, corrosiva che si diffonde in modo silenzioso e devastante, che può fare più danni di qualsiasi intenzione malvagia.
Quattro esempi.
1-San Ferdinando di Puglia è una città allergica alla cultura. La Biblioteca comunale è una specie di Fort Knox. Perfettamente al sicuro dai ladri, semplicemente perché la cultura e i libri non interessano ai sanferdinandesi. Zero valore, zero appeal. Ed è per questo che in città nessuno ha mai aperto una libreria.
2-Per due anni, ho portato avanti il progetto di ricerca “Il buongiorno comincia dal cretino”. Lo scopo era ascoltare e annotare le prime parole (non i versi gutturali tipici) che percepivo appena uscito di casa. Il risultato? Nel 90% dei casi si trattava di turpiloqui irriferibili, una certa quantità di bestemmie e, per il resto, un profluvio di espressioni violente o volgari.
3-Ieri, a Bari, per la festa liturgica di S.Nicola, si è tenuto uno spettacolo pirotecnico. Luci magnifiche, senza cariche detonanti, senza rumore. Senza i BUM BUM BUM, nessuna salva “di potenza” tanto amata dai cattolici sanferdinandesi e così simile ai rumori delle peggiori guerre. Mentre altrove, in contesti civili e religiosi più evoluti, si elimina deliberatamente il “bombardamento” pirotecnico per rispetto delle vittime delle guerre, delle persone fragili, degli animali o di chi crede o pensa diversamente, a San Ferdinando di Puglia i fuochi d’artificio continuano a produrre scoppi e detonazioni ad alta pressione, perché “è la tradizione”. E perché chi decide non vuole scontentare le ampie fasce “grezze” della popolazione.
4-Da più di un decennio denuncio che la città di San Ferdinando di Puglia getta i suoi rifiuti sotto il tappeto, soprattutto nella Complanare Est della SS16. Ad oggi, si stenta a riconoscere il problema o adottare i provvedimenti urgenti, che sono numerosi, da me più volte descritti. Dopo 15 anni, siamo passati dalla fase della negazione del problema a quella dell’evitamento.
La comunità cittadina continua a nascondere i rifiuti sotto il tappeto, in una zona lontana dagli sguardi. Se non fosse per i continui roghi tossici che fanno “piazza pulita” dei rifiuti abbandonati, oggi sotto quel tappeto emergerebbe una collina di rifiuti.
Davanti a tutto questo, e a molto altro che ometto per brevità, non basta l’applicazione, peraltro largamente disattesa, della Costituzione Italiana.
Neppure una preghiera disperata al povero San Giuda, patrono delle cause perse, servirebbe a scalfire la situazione.
A questo punto, come extrema ratio, perché non immaginare l’apparizione di un monolito alieno come quello descritto da Arthur C. Clarke nel romanzo “2001: A Space Odyssey”, reso iconico dal film capolavoro di Stanley Kubrick “2001: Odissea nello Spazio” (1968)?
Nel romanzo di Clarke, un monolito nero compare più volte lungo il percorso evolutivo dell’umanità. È un parallelepipedo di proporzioni 1:4:9 (i quadrati dei primi tre numeri interi: 1²,2²,3²). Un oggetto matematicamente perfetto, lasciato da una civiltà aliena estremamente avanzata, completamente nero e opaco, liscio, senza giunture né segni, un artefatto tecnologico così avanzato da sembrare magico.
Funziona come “catalizzatore evolutivo” o “insegnante automatico”. Ogni sua comparsa nel romanzo, o nel film, coincide con un salto evolutivo, cognitivo e di coscienza della specie umana.
Nel mio fotomontaggio, però, al posto della Costituzione italiana non appare un catalizzatore evolutivo, ma un obelisco nero fabbricato dagli uomini. Questo obelisco nero, non ha poteri magici, né trasformativi. Non può far evolvere l’homo sanferdinandiensis, né migliorare la città in un momento di profonda crisi della convivenza civile.
È il simbolo perfetto dell’immobilismo cronico della città, dell’incapacità endemica dei sanferdinandesi di cambiare in meglio il proprio territorio e il proprio destino..
È il simbolo del conservatorismo, del passatismo incallito, il monumento che celebra l’arretratezza che permea ogni tessuto sociale della città, con il dettaglio del colore nero che evoca oscuri fantasmi del passato italico.
Non basta aver raggiunto un certo benessere economico, possedere un’automobile di lusso o sfoggiare l’ultimo iPhone. Questi sono miglioramenti tecnologici avvenuti nonostante i sanferdinandesi e non costituiscono il cambiamento che auspico, che qui, purtroppo, non è ancora passato nemmeno di striscio.